Le imprese familiari, in Italia, sono numerose e diffuse. Ce lo dimostra il fatto che il nostro tessuto economico sia composto per lo più da micro, piccole e medie imprese e ce lo confermano i dati Istat. Stando ai dati del 2013 il 75% delle microimprese è controllato da una persona fisica o da una famiglia, oltre il 60% delle piccole, ma solo il 31% delle grandi imprese. Nel 2012, a proposito delle imprese familiari, è stata pubblicata nella sezione FAQ del sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali la risposta al quesito:
“I lavoratori autonomi sono obbligati a redigere il Documento di valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 28 del d.lgs. 9 aprile 2008, n.81?”
La risposta presuppone una distinzione che prende in considerazione il tipo di rapporto di lavoro che intercorre tra i componenti dell’impresa.
L’art. 230-bis del codice civile definisce così le imprese familiari
Impresa familiare.
Salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.
Le decisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all’impresa stessa. I familiari partecipanti all’impresa che non hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi.
Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell’uomo.
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo. Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti i partecipi. Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, ed altresì in caso di alienazione dell’azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in difetto di accordo, dal giudice.
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell’azienda i partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione sull’azienda. Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la disposizione dell’articolo 732. Le comunioni tacite familiari nell’esercizio dell’agricoltura sono regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme.
L’art. 21 del DLgs. 81/08 dispone che le imprese familiari, così come identificate dall’art. 230 del codice civile seguano alcune procedure di sicurezza sul lavoro.
Disposizioni relative ai componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi
I componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del codice civile, i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 del codice civile e i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo devono:
- utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III;
- munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;
- munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.
2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di:
- beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all’articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;
- partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all’articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.
Ciò significa che se in un’azienda a conduzione familiare i familiari sono messi a parte degli utili e non esiste rapporto di lavoro subordinato (quindi con contratto di assunzione o collaborazione) deve:
Non c’è quindi obbligo di valutazione dei rischi e relativa redazione del DVR.
Se l’impresa è familiare, ma non rispetta i canoni dell’art. 230-bis cc, perciò fra i componenti c’è un rapporto di lavoro subordinato, il datore di lavoro deve rispettare tutte le indicazioni del Testo Unico per la sicurezza sul lavoro, compresa la redazione del DVR e la valutazione dei rischi; la formazione propria e dei lavoratori; la sorveglianza sanitaria ecc…
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